L'IMPEGNO IN POLITICA
   

Proprio dalla sua Caltagirone inizia l'impegno di Sturzo in politica ed è grazie alla sua esperienza di amministratore locale che egli, contro l'individualismo liberale e contro l'ideologia marxista, giungerà ad elaborare un vero e proprio progetto di stato-organico, uno stato che, pur avendo compiti importanti da svolgere, non deve mai essere considerato come la suprema e assoluta realtà; esso deve garantire l'esercizio dei diritti umani strumento e non finalità ultima per la società. 
Secondo Sturzo lo stato, nel momento in cui va oltre i suoi confini, i suoi compiti, diviene onnipresente, unica fonte di eticità, preludio ad ogni forma di totalitarismo sia esso classista che nazionalista. 
Ed è proprio contro questo tipo di stato che Sturzo indirizza le sue critiche elaborando un progetto di società e di stato di cui egli stesso si fa sostenitore, impegnandosi di persona per la sua realizzazione. 
Dal municipio sino all'Europa delle regioni tenendo sempre presente, come è nella tradizione cristiana, la centralità della persona umana. 
Istituzioni quali il municipio, la provincia, la regione, la federazione devono operare a salvaguardia della dignità e dei diritti degli individui e per la realizzazione del bene comune. 
Di ciascuna di queste istituzioni Sturzo fa una analisi originale, mettendo in evidenza funzioni e reciproche relazioni e calcola i possibili rischi in cui esse, per cause morali o politiche possono incorrere. 
Alla base il concetto di partecipazione da lui ritenuto indispensabile alla vera democrazia. Per scongiurare lo statalismo ed ogni forma di totalitarismo quale miglior rimedio se non il decentramento? Esso è il mezzo più idoneo per attuare la partecipazione del popolo in un sistema realmente democratico. 


L'intuizione sturziana
L'autonomia da lui non fu mai intesa come scalata al potere o come un semplice trasferimento di decisioni dal centro in periferia, trasportando qui il centralismo dello stato, della regione o della provincia. 
Libertà e autonomia, proprio perché sono un diritto primario della persona costituiscono un pre-requisito per risolvere i problemi politici, economici e sociali. 
L'originaria intuizione sturziana fu quella di ancorare l'impegno politico nel cuore istituzionale dello stato post-unitario, dentro l'amministrazione locale in cui si gioca la prima e vera partita della partecipazione civica e civile, quell'autentica scuola di democrazia dove il confronto con i problemi concreti della comunità locale impedisce, o rende comunque più difficile, la caduta in quel professionismo della politica che proprio in quegli anni già si preannuncia nelle coscienze più attente. 
Inoltre, per Sturzo c'è da dire che pochi come lui hanno aggiunto alle teorie autonomiste la pratica dell'amministrazione locale. Mazzini, Cattaneo, Rosmini, Giuseppe Ferrari e tanti altri teorici delle autonomie locali non furono amministratori locali di comuni e province. Con Sturzo, ma anche con altri sacerdoti impegnati nelle varie parti dell'isola, il dibattito sulle amministrazioni locali "scese in piazza" e si trasformò in pratica quotidiana di gestione municipale. 
Il sacerdote calatino, oltre che teorico, fu un eccellente amministratore locale e apprezzato organizzatore dell'Anci. Come ha scritto Jemolo, Sturzo ebbe "il gusto dell'amministrazione […] in modo eminente», (A. C. Jemolo, Chiesa e Stato dalla unificazione ai giorni nostri, Torino, Einaudi, 1977, p.170) per cui si può affermare che, a differenza di tanti autori che se ne occuparono dal di fuori come teorici, egli la visse dal di dentro. 
Nel 1902, in occasione del primo convegno dei consiglieri comunali cattolici della Sicilia, tenutosi a Caltanissetta, Luigi Sturzo varava il suo programma municipale (cfr. L.Sturzo, La regione nella nazione, Bologna, Zanichelli, 1974, pp. 111-150). Dalla teoria si passava alla pratica amministrativa in quanto il sacerdote calatino, già consigliere comunale all'opposizione nel 1899, sarà per quindici anni (1905-1920) pro-sindaco di Caltagirone, anche se il suo impegno a favore delle autonomie locali risale al 1897 anno in cui iniziava, come già detto, la pubblicazione de "La Croce di Costantino". Dalle colonne di questo giornale Sturzo "andò esplicitando la sua posizione in merito all'ente comune e alla necessità di dargli ampie autonomie evitando gli slogan "conquistiamo i comuni", che adottarono tanto i socialisti quanto lo stesso Murri, ma con analisi puntuali sui temi concreti che implicava la gestione dei municipi» (U. Chiaramonte, Luigi Sturzo nell'Anci, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2004, p.40). 
Per Sturzo "il comune è un ente concreto più che non lo sia una provincia, una regione, lo stat", perché "fra il popolo che vive e l'autorità che amministra non vi è alcun diaframma" (L. Sturzo, Consiglieri, assessori, sindaci, «Il popolo», 25-06-1948, in Politica di questi anni (1948-49), Bologna, Zanichelli, 1955, p.47). 
... qui che si realizzano i rapporti interpersonali che sono praticamente inattuabili nelle altre sfere della pubblica amministrazione. 
La casa comunale diventava la casa trasparente di tutti i cittadini, e doveva porsi al servizio del bene comune, lontana da qualsiasi interesse personale. Bisognava evitare che esso fosse ridotto ad un mero "ente burocratico", e per far ciò era necessaria l'autonomia e un ampio decentramento funzionale agli interessi municipali e in armonia con la nazione. In altri termini, l'autonomia rappresentava per Sturzo "il prerequisito imprescindibile di una corretta amministrazione".


IL COMUNE E' UNA COMUNITA'
L'uso corretto di tale autonomia sarebbe stata garantita dai cittadini attraverso un referendum popolare con funzione consultiva e deliberativa e ad un sistema elettorale basato sulla rappresentanza proporzionale. 
Il comune non è un ente che deriva il suo potere con un atto di decentramento dello stato; è una comunità primaria, che ha i suoi diritti innati, di libertà e di autonomia, che vanno inseriti nel disegno statuale, ma che non sono "concessi": sono originari. 
Il comune non è soltanto un organo amministrativo; è una cellula politica, è una comunità; il comune, i servizi comunali sono al servizio della comunità; questa comunità non è creazione dello stato, non è derivata dallo stato, ha la sua forza originaria, la sua autonomia, la sua sfera di libertà e di energia che deve essere liberata (cfr. E. Guccione, Municipalismo e federalismo in Luigi Sturzo, Torino, SEI, 1994). 

 

 
 
 
 

 

 
 
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